Non date più la colpa al vostro negoziante (o al vostro venditore) se i pesci appena comprati muoiono. Uno studio pubblicato dai ricercatori del Laboratorio Ambientale nell’Università del Maine, ha risolto il mistero di tanta moria, in una sostanza chimica presente nei sacchetti di plastica comunemente utilizzati per il trasporto.
Nello studio,infatti, si è scoperto che alcune sostanze chimiche, residue della produzione di tali materiali, possono contaminare l’acqua del sacchetto in concentrazioni tali da essere mortale per i pesci.
La causa è il nonilfenolo, un composto utilizzato per facilitare l’apertura dei sacchetti di plastica e che ne riveste le pareti e che pur rispettando le norme di produzione internazionali (che a questo punto andrebbero riviste), mai si sarebbe pensato che, tale composto, potesse raggiungere concentrazioni così elevate in acqua. Si consideri che per l’ente protezione ambientale americano, il nonilfenolo, è considerato pericoloso nelle acque marine già ad una concentrazione di 7 microgrammi/Litro. In alcuni sacchetti sottoposti a prova si è invece raggiunta una concentrazione di 163 microgrammi/litro in meno di 48 ore. Un valore circa 25 volte superiore a quello che è considerato un pericolo per gli organismi marini.
I sacchetti di plastica utilizzati per la prova, in alcuni casi e per alcune specifiche buste (ovviamente!), ha ucciso il 60% di pesci utilizzati nell’esperimento (Pseudochromis fridmani) dopo la sola esposizione, all’interno del sacchetto, di 48 ore. I pesci sopravvissuti alle alte concentrazioni di nonilfenolo, liberati nelle vasche, sono morti dopo un periodo di 8 giorni.
Ecco dunque un’altro motivo per cui i pesci muoiono durante il trasporto non solo quando passano dall’allevatore al negoziante ma anche dal negoziante all’acquariofilo.
Cos’ è il Nonilfenolo?
Come molti altri composti fenolici (famoso è anche il bisfenolo), il nonilfenolo non è solo un veleno ad alte concentrazioni ma anche a basse perché interferisce e distrugge il sistema ormonale degli esseri viventi, Imitando gli estrogeni e alcuni altri ormoni, causandone la “femminilizzazione”, con conseguente sterilità degli stessi; ciò comporta importanti implicazioni non solo nell’allevatore che non riesce a riprodurre i propri pesci ma in larga scala interferisce sopratutto sulla conservazione delle specie marine da anni esposte alla microplastica che, presente in mare, libera tali sostanze.
Sarà certamente da tenere in seria considerazione questo studio, non solo per l’industria del commercio dei pesci, ma anche (e soprattutto direi) a livello ambientale e della salute umana poiché non si conoscono ancora bene quali materiali plastici di uso comune possono essere ad oggi contaminati con tali sostanze.
Cosa possiamo fare noi, da buoni acquariofili?
Innanzitutto possiamo informare i nostri negozianti del problema in questione in modo che si assicurino che le buste non siano contaminate. Resta inteso che, non tutte le buste contengono tali sostanze,
L’acquariofilo deve cercare invece, di riutilizzare e lavare bene i sacchetti oppure può munirsi di contenitori ad’oc (es. vasetti in vetro) quando va a comperare nuovi pesci. In questo modo si potrà certamente ridurre lo speco di altri sacchetti (magari anche contaminati!) difendendo in parte l’ambiente.
Lavare bene un sacchetto o un contenitore significa non utilizzare sapone! Un ottimo metodo sarebbe quello di riempire e sciacquare i sacchetti per uno due giorni con acqua e qualche millilitro di aceto o acqua ossigenata per aumentare il rilascio di tali sostanze e dunque scongiurare la successiva contaminazione. Ricordo, inoltre, che non va MAI! versata l’acqua dei sacchetti in acquario. Un motivo in più per non incorrere in questo errore!
bibliografia: Hamlin HJ, Marciano K, Downs CA (2015)Migration of nonylphenol from food-grade plastic is toxic to the coral reef fish species Pseudochromis fridmani Chemosphere 139: 223-228. http://dx.doi.org/10.1016/j.chemosphere.2015.06.032
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